Nel medesimo post nel quale vi ho raccontato una storia ho, inoltre, fatto riferimento alla versatilità del verbo raccontare, in quanto tale vocabolo indica un'azione che è possibile effettuare per mezzo di differenti "tecniche".
Si può raccontare con la voce oppure mettendo le medesime, o differenti, parole per iscritto. Ma, come abbiamo anche visto in una delle scorse pubblicazioni di questo blog, raccontare attraverso un video (abbiamo fatto riferimento, nello specifico, al caso pubblicitario). Abbiamo approfondito il tema del narrare sia in poesia sia in prosa e, infine, abbiamo visto come tale azione è possibile riscontrarla persino nel mondo della tecnologia.
Con il presente, si vuole quindi analizzare meglio ciò che è stato pubblicato in un altro dei precedenti post, quello in cui è stato postato un disegno ideato e creato dalla sottoscritta: l'azione del raccontare nelle arti figurative.
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Nascita di Venere, 1483-1485, Sandro Botticelli |
Prendiamo, per esempio, la qui sopra riportata famosa Nascita di Venere di Sandro Botticelli, oggi esposta presso la Galleria degli Uffizi a Firenze: l'opera racconta chiaramente ciò che già Omero narra nell'Inno ad Afrodite sotto forma di arte figurativa.
Inno ad Afrodite, di Omero:
La veneranda, la bella dall’aureo serto, Afrodite
io canterò, che tutte le cime di Cipro marina
protegge, ove la furia di Zefiro ch’umido spira
la trasportò, sui flutti del mare ch’eterno risuona,
sopra la morbida spuma. L’accolser con animo lieto
l’Ore dai veli d’oro, le cinsero vesti immortali:
la fronte sua divina velaron d’un aureo serto,
bello, d’egregia fattura: nei lobi forati, alle orecchie
un fior, nell’oricalco foggiato, e nell’oro fulgente:
d’intorno al sen, che argento sembrava, ed al morbido collo,
monili tutti d’oro poi cinsero, quali esse stesse
l’Ore dai veli d’oro si cingono, allor che a le danze
muovono dilettose dei Numi, e alla casa del padre.
Or, poi che l’ebbero tutte le membra adornate, ai Celesti
l’addussero; e i Celesti ben lieti l’accolsero, e ognuno
la man le porse, ognuno chiedeva legittima sposa
condurla in casa propria: tal fu lo stupore di tutti,
vedendo Citerèa, che cinto ha di mammole il crine.
Salve, o più dolce del miele, dagli occhi brillanti: concedi
che in questo agone io m’abbia vittoria; ed onora il mio canto.
Io mi ricorderò d’esaltarti in un’altra canzone.
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