martedì 31 marzo 2020

Step #05: Raccontare in pubblicità

Manifesto di Johann Georg Van Caspen (1899)

La pubblicità è una forma di comunicazione di massa usata dalle imprese per creare consenso intorno alla propria immagine, con l'obiettivo di conseguire i propri obiettivi di marketing. La caratteristica principale della comunicazione pubblicitaria è diffondere messaggi preconfezionati a pagamento attraverso i mass-media.
La pubblicità informa, persuade, seduce il pubblico ed è ritenuta corretta se fidelizza l'utente finale in base a principi civili e umanizzanti.
Tutti i giorni accendiamo la radio o la televisione, accediamo a Internet o camminiamo per la strada (cartelloni pubblicitari) e ci troviamo bombardati dalla pubblicità. Il più delle volte evitiamo di guardare, saltiamo il messaggio pubblicitario che ci viene proposto non badandoci più di tanto, facendo altro fin quando non becchiamo ciò che ci interessa oppure non leggendo ciò che ci viene proposto. 
Ma, se ci pensiamo bene, la pubblicità è un esempio molto quotidiano di quello che significa "raccontare", motivo per cui tramite i messaggi pubblicitari, specialmente quelli visivi più che quelli scritti o solamente parlati (come può essere una pubblicità della radio), si denota una storia, un messaggio che ci viene trasmesso per farci provare dei sentimenti, che sia solo il mero possesso della cosa pubblicizzata o qualcosa di più profondo, come accade per le cosiddette pubblicità progresso.

È interessante osservare come, talvolta, i messaggi pubblicitari facciano riflettere su tematiche che spesso vengono relegate a film o a libri, come per esempio:


Oppure:




Queste due pubblicità qui sopra riportate richiamano, in modi diversi, il messaggio di una riunione tra amici e familiari.
Inoltre, gli spot pubblicitari televisivi di uno stesso prodotto in vendita sono, spesso, concatenati l'uno con l'altro, andado a raccontare una storia man mano che il tempo avanza e la pubblicità varia. 
Spesso, infine, le pubblicità trasmettono messaggi errati che, grazie alle critiche del pubblico che le osserva, vengono rivisitate e riproposte con il messaggio corretto. Un esempio in tal senso è lo spot televisivo della Kinder, che in un primo momento vede un bambino fare capricci durante il momento della colazione fino a quando tale fanciullo non ottiene la colazione da lui desiderata, la pubblicità rivisitata trasmette il fatto che il capriccio del bambino non deve essere accontentato.



I video sono stati inseriti da YouTube, e in particolare dai canali ufficiali della WindTre (spot 2) e della Kinder (spot 3). 


venerdì 27 marzo 2020

Step #04: Omero racconta

Ma, forse, il più famoso racconto mitologico è quello di Omero, ovvero l'autore dell'Illiade e dell'Odissea, i due massimi poemi epici della mitologia greca. Occorre, per questo motivo, fare un post in suo tributo quando si racconta della mitologia del raccontare. 


Omero

  • L'Illiade racconta della guerra di Troia, e il suo protagonista è Achille.
Cantami, o diva, del Pelìde Achillel'ira funesta che infiniti addusselutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orcogenerose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pastolor salme abbandonò (così di Giovel'alto consiglio s'adempia), da quandoprimamente disgiunse aspra contesail re de' prodi Atride e il divo Achille.
  • L'Odissea narra gli eventi a seguire della guerra di Troia e, in particolare, del viaggio di ritorno a casa di Ulisse (Odisseo).
Cantami, musa, dell'uomo multiforme, che errò per tanto tempo dopo che distrusse la sacra cittadella di Ilio;

Raccontare il Mito di Poseidone

Ma dopo una bibliografia così fornita di libri inerenti, o di ispirazione, alla Mitologia, mi dispiacerebbe lasciarvi a bocca asciutta senza cogliere l'occasione di raccontarvi un'altra storia. Ed è questo il motivo per cui oggi sono qui. 

C'è innanzitutto da definire, come già accennato nel post precedente, che è più opportuno parlare di Mitologie, non limitandosi al fatto che la Mitologia è perciò singola e unica, proprio perché le culture sono molteplici e, ognuna di esse, trae le proprie origini differentemente.

In questo articolo, dunque, tratterò di Poseidone, il dio del mare nella religione greca, la cui controparte etrusca è Nethuns, quella romana è Nettuno, mentre quella norrena è Njörðr. Ogni cultura con una religione politeista prende un po' ispirazione dalle altre, magari anche involontariamente, e questo implica che gli Dei, in fondo, si somigliano un po' tutti. Motivo per cui, il dio del mare Poseidone, come qualunque altro dio greco, alla fine, non è altro che una faccia di molte facce (e dire che, il Dio dai Mille Volti esiste sul serio).


Poseidone

Poseidone è il dio del mare. Possiede un Tridente e ha il potere di provocare tornado, di evocare onde di marea e di causare terremoti, radendo al suolo città o facendo sprofondare intere isole quando è arrabbiato. Gli antichi greci, che lo chiamavano "Scuotitore della Terra", si davano un sacco da fare per renderlo contento: avevano ben capito che, ovunque si trovavano, in mare o in terra, era meglio che il dio dei mari non si arrabbiasse con loro. È figlio di Crono e Rea, e fratello di Zeus, Ade, Estia, Demetra ed Era, ed è uno dei dodici dei più importanti dell'Olimpo. 
È un tipo piuttosto calmo, il suo carattere rispecchia un mare facilmente navigabile come il mar Mediterraneo, ma a volte si arrabbia anche lui e diventava un'altra persona: se eri il capitano di un vascello e ti dimenticavi di fare un sacrificio al dio del mare prima di salpare, ti dimostravi un vero idiota; se ti scordavi di fare un sacrificio, c'erano buone probabilità che la tua nave andasse a sfracellarsi sugli scogli, fosse divorata da un mostro marino o catturata dai pirati. E anche se non viaggiavi per mare, non è che fossi al sicuro: se la tua città offendeva in qualche modo Poseidone... bé, dovevi prepararti a dare il benvenuto a un uragano. Ma, in fondo, era un tipo calmo: ubbidiva a Zeus anche se lo seccava di continuo, e ogni volta che i due cominciavano a discutere tutti si allacciavano le cinture: una lotta tra cielo e mare avrebbe potuto fare a pezzi il mondo, e infatti Rea, che percepì la tensione tra i due figli molto presto, dopo che insieme ad Ade e a Zeus si era spartito il mondo, lo mandò a esplorare i nuovi territori e a vivere in fondo all'oceano con la tribù dei telchini, dei piccoletti a cui non dovete mai dire di essere dei piccoletti decisamente squilibrati. Poseidone visse un po' con loro, imparando a conoscere l'oceano e i loro trucchetti per rovesciare le isole, ma poi li salutò per costruirsi un palazzo tutto per sé. Sul suo trono di corallo nel suo palazzo di perle, ciottoli levigati dal mare e conchiglie era davvero fiero e felice di aprire i battenti per accogliere ogni genere di creatura marina venuta a porgere i propri omaggi. 
Visto che i mortali gli offrivano omaggi che lo soddisfavano, decise di salire in superficie e offrire protezione a una loro città. Avere un'intera città a te dedicata era, per gli dei, un'ottima occasione di cui vantarti con gli altri dei. Così, puntò la capitale dell'Attica, sulla terraferma greca, una delle città più grandi e importanti, ma l'Acropoli era già stata puntata da Atena, la dea della saggezza che, figlia di Zeus, era anche sua nipote. Atena e Poseidone si sfidarono in una gara: chi regalava ai mortali il dono più importante, sarebbe diventato il dio protettore di quella città. Poseidone creò, dalle onde del mare, i cavalli, animali forti e veloci; Atena, dalle rocce, incominciò a far germogliare un albero di ulivo, piante che necessitavano di poche cure con frutti commestibili. I mortali decisero così di onorare sia Poseidone sia Atena, e seppure Poseidone li visitava spesso quella sfida per la città di Atene gli aveva messo in testa l'ossessione per sponsorizzare una città: combatté con Era per la città di Argo, e vinse Era; contese a Zeus l'isola di Egina, e vinse Zeus; ebbe una disputa con Elio per la città di Corinto, e fu a un passo dalla vittoria, se non che Zeus decise che se la dovevano dividere. Insomma, rimaneva sempre fregato, e si arrabbiava, tendendo a punire chiunque pensava lo stesse insultando: ad esempio, era molto orgoglioso delle nereidi, la cui bellezza era famosa in tutto il mondo, e quando la regina mortale Cassiopea cominciò a vantarsi di essere molto più bella delle nereidi, Poseidone evocò un serpente di mare lungo trenta metri e gli fece divorare navi e sollevare onde per travolgere villaggi; per far finire quegli attacchi, Cassiopea acconsentì a sacrificare sua figlia Andromeda al dio del mare, ma Poseidone non lasciò che accadesse, permettendo che un eroe salvasse Andromeda e uccidesse il mostro. Ma, anche quando Cassiopea morì, Poseidone non dimenticò la sua insolenza e la collocò in cielo sotto forma di costellazione che, girando, spesso si vede a testa in giù: posizione sconveniente per chi pecca di vanità. Le nereidi, dopo questo avvenimento, erano state molto grate a Poseidone di avere difeso il loro onore, e la maggior parte di loro lo avrebbe sposato ben volentieri: ma non Anfitrite, la cui idea di paradiso era di vivere tranquilla in fondo al mare, senza dei che le chiedessero di uscire o facessero battute volgari sul suo conto. Poseidone fece di tutto per conquistare il suo cuore, e Anfitrite alla fine scappò una volta per tutte; Poseidone la cercò ovunque senza successo, cominciando a pensare che non l'avrebbe più rivista. Fu quando il dio Delfino andò a trovare Poseidone, informandogli dove si nascondesse la nereide Anfitrite e di organizzargli il matrimonio, che il dio del mare si risollevò. Con ella, dopo il matrimonio, Poseidone ebbe quattro figli: Tritone, mezzo uomo e mezzo pesce; Roda, ninfa protettrice dell'isola di Rodi e sposa del titano dell'astro solare Elio; Cimopolea, la dea delle tempeste marine molto violente; Bentesicima, dea delle onde. Non che, comunque, come tutti gli altri dei Poseidone non abbia fatto l'amore con altre donne... fortunatamente per lui, Anfitrite non fu una moglie tanto gelosa; d'altronde, fin quando ella aveva la sua libertà, le andava bene tutto.

giovedì 26 marzo 2020

Raccontare nella Mitologia: bibliografia

Com'è noto, il termine "raccontare" risale fin dall'alba dei tempi, fino da quando cioè l'uomo ha avuto necessità di narrare a se stesso o agli altri, nel presente o nel futuro, di ciò che gli stava avvenendo. 
Per questo motivo, la Mitologia è un chiaro esempio dell'antichità dell'azione del raccontare, la quale, come si può notare leggendo la definizione dall'Enciclopedia Treccani, deriva dall'antica Grecia. La Mitologia, μυϑολογία, è il complesso di racconti favolosi (miti) tradizionalmente tramandati da un popolo, e lo studio di essa è rappresenta la loro origine, nel loro significato, nella religione e nei rapporti tra popolo e religione. 
Si potrebbe rimanere a parlare per secoli del racconto della Mitologia e del narrarla, senza contare che numerosi autori hanno prodotto ulteriori titoli implementandone la sua narrazione, motivo per cui mi sento oggi di consigliarvi la mia piccola bibliografia personale sul tema della Mitologia divisa per Mitologie.




    1. The Kane Chronicles: l'Ombra del Serpente di Rick Riordan
    2. The Kane Chronicles: la Piramide Rossa di Rick Riordan
    3. The Kane Chronicles: il Trono di Fuoco di Rick Riordan


    1. Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: il Ladro di Fulmini di Rick Riordan
    2. Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: il Mare dei Mostri di Rick Riordan
    3. Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: la Maledizione del Titano di Rick Riordan
    4. Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: la Battaglia del Labirinto di Rick Riordan
    5. Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: lo Scontro Finale di Rick Riordan
    1. Percy Jackson: Eroi dell'Olimpo: l'Eroe Perduto di Rick Riordan
    2. Percy Jackson: Eroi dell'Olimpo: il Figlio di Nettuno di Rick Riordan
    3. Percy Jackson: Eroi dell'Olimpo: il Marchio di Atena di Rick Riordan
    4. Percy Jackson: Eroi dell'Olimpo: la Casa di Ade di Rick Riordan
    5. Percy Jackson: Eroi dell'Olimpo:il Sangue dell'Olimpo di Rick Riordan
    1. Le Sfide di Apollo: l'Oracolo Nascosto di Rick Riordan
    2. Le Sfide di Apollo: la Profezia Oscura di Rick Riordan
    3. Le Sfide di Apollo: il Labirinto di Fuoco di Rick Riordan
    4. Le Sfide di Apollo: la Tomba del Tiranno di Rick Riordan
    5. Le Sfide di Apollo: la Tomba di Nerrone di Rick Riordan


    1. Magnus Chase e gli Dei di Asgard: la Spada del Guerriero di Rick Riordan
    2. Magnus Chase e gli Dei di Asgard: il Martello di Thor di Rick Riordan
    3. Magnus Chase e gli Dei di Asgard: la Nave degli Scomparsi di Rick Riordan
    1. Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien
    2. Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien
    • Miti del Nord di Neil Gaiman
    • Loki: il giovane dio dell'inganno di Mckenzi Lee



    1. Fiabe e leggende celtiche d'Irlanda di Claudia Colucci 


lunedì 23 marzo 2020

Step #02: Storia di "Raccontare"

Un qualcosa che si può raccontare non è, però, solo una storia. È infatti possibile raccontare, inoltre, la storia di una parola. 
Visto che la nostra parola è "raccontare", oggi racconterò quindi la storia di tale terminologia comune della lingua italiana, e lo farò attraverso una mappa concettuale, in quanto l'infografica è uno strumento molto efficacie di sintesi e di fissaggio delle conoscenze, che avviene tramite nodi concettuali e relazioni:



Inoltre, com’è noto, la tradizione di raccontare le storie, tramandando il patrimonio orale che ogni cultura possiede, è un’arte antica. 
Prima dell’avvento della televisione nelle case, il patrimonio di miti, storie e leggende legato alla tradizione orale era narrato dai cantastorie nelle piazze, che con l’arte di trasmettere, attraverso le parole, la gestualità, il movimento del corpo e la modulazione della voce, le immagini di una storia ad un pubblico specifico, erano capaci di creare un’immagine nella mente degli ascoltatori. Quindi le immagini evocate con le parole sono il ponte su cui la storia viaggia tra il narratore e l’ascoltatore.
Le storie venivano poi ripetute dai nonni ai nipoti, dai genitori ai figli, dagli amici intorno ai falò o nelle stalle, arricchite da ricordi personali e dalle leggende della propria comunità. Diventavano quindi un patrimonio famigliare e comunitario che legava le generazioni tra loro.

domenica 22 marzo 2020

Semplicemente raccontare

L'uomo è un animale che racconta storie, e come tale ne racconta di vere e di false, dove però le storie false possono essere nient'altro che un'altra versione dei fatti, dovuti a un altro asse temporale o a un universo parallelo. La letteratura, in generale, è piena di esempi di questo tipo, proprio perché l'uomo immagina, inventa e, infine, lo racconta. 
Si racconta per capire chi si è, di cosa si fa parte, per estraniarsi dalla realtà dei fatti, o semplicemente per portare alla conoscenza di tutti un qualcosa la cui importanza deve essere divulgata. E ci sono differenti modi di raccontare, dal più basilare riportare a voce qualche fatto, allo scriverlo in un articolo giornale, all'utilizzare mezzi di cui spesso non ci si rende conto di star raccontando qualcosa, come può essere una macchina fotografica per la fotografia o un foglio reso colorato grazie al disegno.
Anche in un mondo odierno, dove tutto è così frenetico e si potrebbe pensare che si racconta poco, la maggior parte dei racconti avviene attraverso il postare di video o immagini, proprio perché, di per sé, l'essere umano racconta. Solo dietro a una piccola emojicon che, tutti, chi più e chi meno, utilizziamo in un messaggio WhatsApp, c'è una narrazione, a volte breve e a volte più lunga, a volte facile da interpretare e a volte meno.
Ma quest'oggi non siamo qui per raccontare il "raccontare", in quanto nel precedente post vi ho promesso una storia in questo.
Perciò, vi narro oggi del sogno di un bambino, perché sognare è un modo di raccontare a se stessi.

— ☾ ☆ 𝗟'𝗔𝗦𝗧𝗥𝗢𝗡𝗔𝗨𝗧𝗔 ☆ ☽ —

Mi è sempre piaciuto guardare il cielo, specie quello notturno. Il nasino puntato all’insù, mi diverto a immaginare, nell’infinito dell’universo, altri esseri viventi, uguali o diversi da me, perché non possiamo essere gli unici ad abitare in questo vasto universo, composto da numerose galassie. 
Delle volte immagino che ci sia qualcuno, nel vasto universo, che ci osserva. È qualcuno che ci ha creato, e noi siamo il suo piccolo esperimento che prosegue. Mi chiedo se è contento di come siamo diventati, di come ci siamo evoluti, e mi chiedo se è triste perché ci combattiamo. 
Altre volte penso ad altri bambini come me, che come me giocano a pallone con i loro amici, o vanno a nuotare nei laghetti in montagna con le lontre, o, ancora, compiono viaggi straordinari attorno il loro mondo, la loro “Terra”. 
Una volta ho sognato che incontravo una bambina della mia età, solo che aveva la pelle blu. Io, all’inizio del sogno, pensavo che si fosse fatta il bagno nella vernice blu, ma dopo aver capito che quella era la sua pelle non ci ho più fatto caso, e abbiamo giocato insieme. È venuto fuori che giocavamo a giochi diversi, che io non sapevo giocare a quello che proponeva lei e che lei, di conseguenza, non sapeva giocare a quelli a cui giocavo io. E allora abbiamo inventato un nuovo gioco, e ci siamo divertiti tantissimo. Poi però ci siamo anche istruiti con i nostri rispettivi giochi preferiti, e abbiamo giocato anche a quelli, e ci siamo divertiti ancora di più. Quanto vorrei che questo sogno non fosse stato solo un sogno! 
Secondo me, le creature che vivono nelle altre galassie sono buone. Sono più evolute di noi perché non si fanno la guerra, non conoscono l’odio e si aiutano a vicenda nei loro piccoli momenti di difficoltà. Forse è perché vorrei che la Terra fosse così, bella e accogliente in tutti i suoi ‘quattro angoli’, con nessuno che soffre se non per un brutto voto preso a scuola, e forse sugli altri pianeti è uguale a qui. Oh, quanto vorrei scoprirlo! 
Chissà qual è il pianeta con la popolazione più evoluta, più tecnologicamente avanzata. Io non credo che sia la Terra, perché anche se siamo molto avanti con la tecnologia, non siamo comunque molto evoluti. Poi, se ci facciamo la guerra e se usiamo il nostro intelletto per costruire oggetti che fanno male, non credo proprio che siamo molto intelligenti. Secondo me, ci sono creature molto più intelligenti di noi, oltre che molto più avanzate con la tecnologia e molto più evolute di noi. 
Certe volte mi chiedo se su ogni stella esiste un qualcuno che si occupa di tenerla accesa, e che quando una stella muore vuol dire che è morto il suo proprietario. 
E le nuvole? Tutte quelle belle forme che si creano! Deve per forza crearle qualcuno. Noi lo spieghiamo come il vento che sposta le goccioline d’acqua condensate, che poi quando piove cadono e bagnano la terra, il prato, il cemento e vanno ad unirsi alle acque che scorrono lungo i continenti, si uniscono ai laghi e al mare. Però, a me piace pensare che le nuvole siano creature che si divertono a cambiare forma, perché sono esseri viventi molto creativi e artistici. 
Luna è sempre stata mia amica, fin da quando ero piccolo. ‘Luna’ è stata la prima parola che ho detto, e questa sfera luminosa mi ha sempre molto affascinato. Quando io la vedo, qualcun altro non la vede e viceversa. Oppure quando la vedo molto piccola, della forma e del colore di un’unghia tagliata, ma molto più luminosa, qualcuno altro la vede molto grande, nella parte in cui io non vedo. Mi ha sempre meravigliato la storia del primo uomo sulla Luna, un terrestre statunitense, e adoro quando mamma me la racconta. Vorrei andare sulla Luna, un giorno, e vedere se c’è ancora la bandiera che ha messo Armstrong, in che condizioni è. Chissà se un giorno potrei andare sulla Luna per fare un picnic, come quando vado sul Corno con papà e mamma e facciamo un picnic. 
A volte vorrei vivere su un altro pianeta, e vedere se sono lo stesso bambino che sono sulla Terra. Grazie al mio sogno, so che non avrei gli stessi giocattoli che ho qui. Chissà se andrei in una scuola come quella in cui vado qui, e chissà quali sono gli sport che praticano sul pianeta in cui ipoteticamente vivrei. E sentirei gli uccellini cinguettare? O sarei io a volare, invece? Magari, su un altro pianeta, le creature che qui volano lì non volano, e quelle che qui sulla Terra non volano invece volano. E ci sarà il vento come quello che c’è qui? Sicuramente, vedrei altre stelle, altri pianeti e un’altra “Luna”. Magari quel pianeta a più satelliti naturali, quindi più “Lune”. Magari saranno invece i pesci a volare, e gli uccelli nuoterebbero. 
Potrei continuare all’infinito a fare supposizioni e a sognare, ma io non ho tutto quel tempo. Sono ancora un bambino, ma lo so che la mia vita non è infinita. Eppure vorrei scoprire così tanto, e riuscire ad andare nello spazio! Sì, lo so; io lo so cosa vorrei fare da grande: vorrei essere un astronauta! O magari non serve andare nello spazio come un astronauta, perché magari quando si muore si va nello spazio, e si rinasce in un altro pianeta senza però ricordare niente della vita passata in un altro pianeta. Mi chiedo allora quante persone sono stato prima di essere il bambino che sono oggi, che vive sulla Terra come uno dei tanti altri bambini della Terra. E mi chiedo se, quando sarò un’altra persona che vive su un altro pianeta, avrò le stesse passioni che ho, oppure se nascerò femmina e avrò passatempi totalmente diversi da quelli che ho ora. 
Io non lo so cosa sono stato, cosa sono e cosa sarò, però so per certo che il mio sogno è quello di diventare astronauta, che mamma e papà mi hanno sempre incentivato a seguire i miei sogni e che io tenterò il possibile per diventare astronauta. 



Ma non dimentichiamoci che, comunque, il termine "raccontare" ha anche lui una sua storia... che ne dite se ve la racconta nel prossimo post?

Step #01 bis: "Raccontare" en otros Sprachen

Ma prima di iniziare a raccontare, che ne dite se analizziamo tale terminologia nelle altre lingue, così come abbiamo fatto in italiano? 
Abbiamo visto, all'inizio dello scorso articolo, come tale verbo viene detto in alcune delle lingue più parlate al mondo, ma ora analizziamo l'etimologia delle principali lingue europee. 
  • L'inglese to tell deriva dall'inglese medioevale to count (contare), ma anche dal proto-germanico *talijaną (enumerare) e da talą (numerare) e dal proto-indo-europeo *dol- (calcolo, frode). 
  • Il francese raconter deriva dall'antico francese aconter (contare).
  • Lo spagnolo decir deriva dal latino dicere, alla quale famiglia appartengono anche: bendecir (benedirre), dechado (paragone), dedicar (dedicare), dicción (dizione), diccionario (dizionario), dicha (beatitudine), dicharachero (loquace), dichodictado (dettato), dictador (dittatore), dictar (dettare), diretes (dirigere), interdicción (interdizione), maldecir (maledire) e predecir (prevedere).
  • Il tedesco sagen deriva dal tedesco dell'alto medioevo sehen lassen (vedere), zeigen (mostrare), bemerken (notare), verwandt mit sehen (in relazione al vedere).
Ora che abbiamo fatto chiarezza anche su questo... che ne dite se vi racconto una storia?
L'istinto di narrare è insito negli esseri umani, ed è proprio il potere delle storie che ha reso umano gli uomini. Nei racconti, su qualunque argomento, si nasconde sempre un'anima, più o meno intensa, che ogni essere umano legge a modo suo, a seconda della sua sensibilità, provando sensazioni differenti da altre persone.

mercoledì 18 marzo 2020

Step #01: Raccontare

Buongiorno, e benvenuti in questo blog nel quale si parlerà di tutto ciò che consiste con la parola "raccontare".

In italiano, raccontiamo.
In inglese, we tell
In francese, nous nous racontons.
In spagnolo, decimos
In tedesco, wir erzählen
In greco, λέμε (peíte).
In irlandese, deirimid.
In arabo, جانبنا ('aqul).

E magari siamo anche bravi a farlo.
Ma ci siamo mai chiesti cosa vuol dire, "raccontare"?
Spesso parliamo perché lo abbiamo imparato, ma troppo poco ci soffermiamo a pensare sul significato delle parole che enunciamo. 
Perciò, senza indurre oltre, iniziamo a spiegare che cosa significa questo termine di uso comune, a cui tutti sarà capitato di utilizzare almeno una volta. D'altronde, se si cerca tale termine su Google, il primo risultato che appare è proprio la sua definizione, che in questo caso parte con la sillabazione — /rac-con-tà-re/ —, per definire:


Ma siamo curiosi di capire meglio le origini di questa parola, perciò la cerchiamo sul Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana e scopriamo che raccontare è composto dalla particelle re (indicante ripetizione), ad (verso) e contare (ovvero, narrare). Scopriamo inoltre che può essere utilizzata come sinonimo per narrare, riferire, menzionare e che i suoi derivati sono raccontabile, raccontatore e raccontatrice, racconto.
Dunque, ora che abbiamo scoperto il significato e l'etimologia della parola... siamo pronti a iniziare a raccontare!